mercoledì 18 giugno 2008

la spiaggia

Non mi sono ancora abituata a pensare al mare come a una vita passata. Abito ancora sull'Adriatico, almeno ufficialmente. Ho ancora una stanza da cui si può guardare il fiume, e una bicicletta per pedalare fino alla foce. Ma ho anche un appartamento al sesto piano, Corso Isonzo. L'unica strada della città in cui sembra effettivamente di stare in città. Ho una finestra per guardare i campanili e i grattacieli, la fiamma eterna della fu Montedison. Ho il panettiere sotto casa ma costa troppo.
Non ci avevo mai riflettuto prima, quando ero sicura di abitare al mare, ma me ne accorgo adesso:

Avevo quindici, sedici anni. Durante l'inverno ci si incontrava tutti i pomeriggi all'Arador. Il locale adesso ha cambiato gestione, ma quella volta si poteva ancora contrattare la scelta della musica con Albano, il proprietario, e addormentarsi sul divano come a casa, togliendosi le scarpe. Si beveva un caffè, ci si prendeva in giro, ma quasi sempre finivamo per annoiarci l'uno con l'altro. Tutti i giorni stavamo lì, sempre gli stessi e sempre uguali a noi stessi. Quella particolare monotonia aveva un sapore che non ho ritrovato più, ed è forse l'unica cosa che mi manca di quegli anni. Passavamo le ore, i mesi, adagiati in una sorta di torpore freddo, quasi il tempo ci si fosse congelato attorno. Andavamo a camminare in spiaggia, che tanto stava a venti metri dal bar e volendo ci si poteva tornare (cosa che puntualmente accadeva, appena ci si stancava della sabbia o dell'aria che la trascinava attorno). Passeggiavamo sul bagnasciuga, o più in alto, dove il vento accumulava le dune. Ogni volta decidevamo di sederci, e stavamo seduti a chiaccherare fino a quando era possibile, fino a quando la bora non iniziava a graffiare la faccia. La spiaggia divideva in due il mondo. Da un parte il mare, dall'altra la teoria degli alberghi chiusi, degli appartamenti sfitti. Noi ci sedevamo sempre volgendo le spalle al mare. Non ne abbiamo mai parlato, non ce ne siamo resi conto. Ci veniva spontaneo e non ci siamo mai chiesti perché. Noi guardavamo gli alberghi chiusi.