Cammino a Trieste nella notte precoce. Le sette di sera di aprile e le strade sono già viola. Incroci e semafori. Più semafori che incroci verso la stazione dei treni. Via Battisti e Via Carducci, passando per Piazza Oberdan, che mi è sempre sembrato un bel nome da ascoltare in città. I passi scendono al suolo con cadenza zingara, disinteressata, senza piglio e senza lena ma regolari. Un avanzare ritmico e rassegnato, distratto nel respiro, l'aria ancora fredda. Perchè non ho fretta. Sono quasi arrivata ma scarto a sinistra. Niente treni stasera che lavoro davanti alla stazione, ma se ho fortuna passerà in pizzeria il Signor Enzo, che coi treni ci lavora ed è tra i pochi clienti a cui sorrido anche quando non mi guarda. Il Signor Enzo è magro e alcolizzato e per questo gli si riserva sempre il tavolo peggiore, incastrato vicino alla porta. Ogni tanto proprio si annoia, o non ha voglia di piegarsi solo sulla tovaglia. Allora ride e si alza, scherza e offre a me e alle cameriere dei cioccolatini. Io gli guardo i denti, le guance abbronzate e ruvide di tabacco e cerco di trattarlo bene, uso i miei occhi migliori per salutarlo e ringraziarlo. Mescolo tutto dentro gli occhi, comprensione e condivisone, istintiva vicinanza.
Non voglio permettermi troppe confidenze con lui. E' il mio cliente preferito e io sono la sua barista. Chissà se passerà stasera.
Sto ancora camminando.
la sagra della porchetta di roma
17 ore fa
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