primo giorno di blog. e c'è il sole e io sono nervosa. sarà che ho mangiato di fretta e che ieri qualcuno si è ucciso nell'appartamento di fianco. non è che si stia proprio bene in questo sabato e nell'aria ferma. ieri pensavo a tante belle disquizioni pseudo-metaletterarie per inauguare questo diario, ma oggi sento un vuoto strano e le farfalle nello stomaco (che a rigor di logica dovrebbe giacere schiacciate da forchettate e forchettate di maccheroni alla montanara masticati male, e invece rimbalzano e volano e rimbalzano) e anch'io non so più bene dove stia andando a finire. proverò lo stesso a dare un impostazione teorica a questo scrivere nullo. nullo perchè? perchè vorrei non lo leggesse nessuno, o per lo meno nessuno di mia conoscenza, per paura di comprometterne la sincerità. (che non è poi sempre la cosa più importante? e lo so, sincerità è una parola gonfia e purtoppo la retorica di seconda mano è sempre in agguato, ma vorrei che fosse intesa nella sua accezione più fredda, alla hemingway insomma.) comunque non credo riuscirò a stringermi a lungo attaccata a questo segreto, che la vanità è ancora più subdola della retorica. "tutto è vanità e inseguire il vento" scriveva m. dumas nei suoi appunti sconnessi, e chi sono io per sottrarmi al dogma? però sono curiosa di vedere quanto resisterò da sola. io e il blog (cosa poi sia un blog devo ancora capirlo). non credo potrà mai avere la stessa immediatezza di un diario cartaceo.
da poco ho iniziato a scrivere su un quadernetto (in copertina: dante che beve un mojito con la cannuccia a righine, degnissima rappresentanza) e continuerò a scriverci nonostante il blog, anche se in effetti quando ho qualche buona idea il quaderno non c'è mai.
cosa voglio da questa scrittura in bilico tra il pubblico e il privato? soprattutto voglio trovare stimolo nello scrivere. un cerchio che si chiude, e che non porta da nessuna parte, se non ad un ritorno spiraliforme sui propri passi. credo sarebbe già abbastanza poter immaginare un pubblico che non esiste, ma che mi sproni nel suo silenzio ad esprimere (esprimere cosa poi non ne ho idea). quando penso alla scrittura inizio a macerare, un po' come le foglie quando cadono nei tombini. mi imputrisco in pensieri già pensati e alla fine fumo una sigaretta e esco a comprare qualche verdura per fare il minestrone (somma panacea di tutti i mali).
ho deciso per il momento di accantonare questo tipo di girotondo sadico, anche se sicuramente a breve tornerò su proust e su hemnigway e su flaubert. che sono poi loro, e le poche cose che so di loro, a menarmi per il naso e farmi girare come una trottola su me stessa fino a che mi si piegano le ginocchia e casco a terra.
mi rendo conto di essere stata un po'troppo stucchevole (ma quando ho le farfalle nello stomaco va così, nulla da fare, divento d'annunziana), ed appunto un altra speranza che lego all'esperienza telematica-&-semisferica è relativa allo stile, che vorrei asciugare. so di essere ancora molto ingenua, rimpinzo la paratassi di aggettivi e parentesi (come questa), non riesco a focalizzare il nervo del discorso. anche se ad esser sinceri le parentesi di per sè non mi sembrano poi un gran dramma, ma solo perchè mi ricordano proust...
(sigh, non ne uscirò mai.)
vabbè dai, fine della trasmissione. tornerò sicuramente più scintillante stupendevole sana e salubre un altro giorno. (un giorno in cui magari non mi sveglio col pensiero che attraverso la parete a cui mi appoggio per leggere a letto qualcuno si è ammazzato).
la sagra della porchetta di roma
1 giorno fa
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