lunedì 26 gennaio 2009

sulla scrittura di blog

Sono le tre del mattino e non riesco a dormire. Stanca di guardare dal letto il mondo piatto fuori dalla finestra (geometria astratta di rettangoli di altre finestre illuminate e rispettive zone d’ombra, interessante magari per una mezzora ma non di più) ho deciso di cercare rimedio all’insonnia scrivendo qualche considerazione su ciò che per ora ho capito, o non ho capito, riguardo la scrittura di blog.

Leggere i blog altrui mi fa passare la voglia di scrivere. Scriviamo tutti alla stessa maniera, chi in una direzione chi in un'altra (le strade sono tre quattro al massimo, impossibile illudersi che esista reale varietà di stile o contenuti), usiamo tutti gli stessi usurati procedimenti retorici, ostentiamo tutti orgogliosamente la pochezza delle nostre ambizioni artistiche. Vige una sorta di compulsività comunicativa, come se esistesse qualcuno al mondo cui possa sinceramente interessare qualsiasi menata ci succeda. Da questo punto di vista mi sono sempre sentita abbastanza inibita, e difatti ho scritto con parsimonia, memore di Hemingway e del monito intelligentissimo posto in chiusura a “Morte nel pomeriggio”:

“Abbiamo visto passare ogni cosa e continueremo a vedere. La gran cosa è resistere e fare il nostro lavoro e vedere e udire e imparare e capire; e scrivere quando si sa qualcosa; e non prima; e, porco cane, non troppo dopo.”

La mia vita è eccezionalmente normale e normalmente eccezionale (chiasmo facile, ma tant’è), non credo meriti di essere narrata in ogni suo singolo istante. Ogni tanto capitano dei momenti in cui il poco o il nulla che succede mi lascia interrogativa o affascinata. Non riesco a distinguere cosa contengano di speciale, eppure li sento staccarsi nettamente dal restante fluire degli eventi, quasi appartenessero a una dimensione immobile, isolata e bloccata nel tempo. Li trasformo in parole per non dimenticarli e per aiutarmi a scendervi in profondità, scoprire il motivo della loro diversità. Poi leggo altri blog e vi ritrovo le mie stesse parole, i miei stessi moduli sintattici, le mie stesse intonazioni sospensive, e mi deprimo. Si è stabilizzato e diffuso una sorta di buoncostume narrativo spicciolo, e chi più chi meno vi siamo tutti inzaccherati. Impera il colloquialismo alla Baricco (cito lui come esempio celeberrimo ed esasperato): frasi spezzate, periodi brevi a chiudere in tono volutamente modesto ma brillante considerazioni più complesse e, nelle intenzioni, più profonde, frasi che iniziano con congiunzione, cumulazioni di sostantivi a formare lunghe liste delle spesa in cui confluisce con intento straniante il banale e il ricercato, il quotidiano e il dissonante, e via dicendo… Questi procedimenti vengono generalmente adottati ed apprezzati per la loro patina di modernità, ma di fatto siamo ancora fermi negli anni’60 (se non ancora più indietro). In essi si ritrova “il mondo discreto” di Calvino di “Cibernetica e fantasmi”, “il mare dell’oggettualità”, ma di quello che all’epoca sorgeva come orizzonte di contemporaneità oggi rimangono solo gli scarti sterili, ripetizione logora.

I tipi narrativi che ho individuato sono fondamentalmente quattro:

1) romantico scapigliato, attento al particolare banalmente evocativo, valori semplici e fede nei sentimenti (stile “that’s amore – findus” per intendersi, coi giovani precari boehemien a sorbire minestrone dai tetti di Parigi… sigh!), scrittura disinvolta con punte che vorrebbero porsi tra il lirico e il tragico ma a malapena raggiungono il patetico.

2) trasgressivo insofferente, ignaro di qualsiasi tipo di punteggiatura, grandi elenchi confusionari in cui si mescolano droghe leggere e squallore da provincia paranoica, pretese di recupero punk e maledettismo di seconda mano. Lo stravolgimento della sintassi, in Italia proposto dai futuristi cento (cento!) anni or sono, assunto a vessillo di post-modernità.

3) l’intimista simbolico, attento a registrare i piccoli eventi inespressivi con pretese significative, lessico introspettivo e intenzionalmente aereo, fragile, noiosissimo, memore di stereotipate levità giapponesi (dall’haiku a Banana Yoshimoto) senza grazia né acume. (e io sono qua dentro, lo so benissimo)

4) femminile con brio, ovvero le nipotine di Bridget Jones: resoconti di “esilarante” quotidianità, esasperazione comica di genere (mestruazioni, depilazione, sessualità), tratteggio di personalità marcatamente indipendente, stile “Lines Seta Ultra”: nessuna perdita potrà distoglierle dal tour in mongolfiera… (in mongolfiera ?!? ).

Le qualità di cui più si avverte la mancanza sono in generale consapevolezza e narrabilità. L’onnipresente ambizione artistica è ancora dominata dall’antidiluviano concetto di ispirazione come grazia che cade dall’alto, come sacro fuoco che muove le dita del “poeta” (che il supporto fisico sia poi una penna o una tastiera poca importa). Nessuno sembra riflettere sulla scrittura in sé, sulle sue modalità e funzioni, sugli obiettivi a cui la si vuole avvicinare. Si scrive a casaccio esattamente come si scriverebbe sul proprio diario. Niente di male se appunto si trattasse di un privato sfogo emotivo. Il problema è che si scrive invece con ambizioni e pose, censure e autocelebrazioni, perdendo l’unica buona qualità insita nella scrittura personale e ignorante, ovvero la schiettezza.

Non ho mai preteso di trovare l’Autore nel blog, ma non credevo nemmeno vi regnasse una tale e tanto desolante massificazione. Mi figuravo ingenuamente che chi non avesse proprio nulla da scrivere semplicemente non scrivesse (pia illusione). Ho cercato di spiegarmi il fenomeno come naturale dispersione implicita nei grandi numeri, ed ho provato allora a leggiucchiare i blog teoricamente più meritevoli, pubblicati e diffusi da editori e librerie. Un pochino poco di capacità retorica in più, ma fondamentalmente non ci si allontana dalla grande palude.

Questa mia riflessione ovviamente dev’essere intesa come il classico “fascio d’erba” (un paio di blogger in gamba per fortuna li conosco) , ma non credo che la generalizzazione possa scalfire i contenuti. Che altro? Certo sarebbe opportuno affrontare anche l’argomento “complimenti reciproci”, ma credo me lo terrò come jolly per la prossima insonnia.

11 commenti:

Navarre Raee ha detto...

Sono mesi che, da bravo borbottone, continuo a mettere in luce ad amici e parenti quanta ruffianeria vi sia nel mondo dei blogs ed è un peccato che tu non abbia trattato il triste tema dei "complimenti reciproci". Sarà per un'altra volta! Spero..

Riguardo ad "epifania": nonostante la scarsa considerazione che tu possa provare verso quel brano, io l'ho trovato coinvolgente e non solo piacevole. ( Intendo dire in sostanza che nei giorni successivi a quello della lettura, mi è capitato di ripensare ad alcune immagini presenti nel testo).
Può essere poi che io mi sbagli e che oggettivamente "epifania" sia un lavoro di poco valore, d'altronde il mio giudizio non vanta cariche accademiche.

Resta comunque una domanda: colui che scrive è il miglior giudice di ciò che scrive?
Io sinceramente non credo.

Volevo aggiungere una cosa: la serietà con cui affronti e critichi la scrittura degli altri è nobile e dimostra tutta la tua passione verso l'argomento.
Penso però ( vivendolo in prima persona) che una dose eccessiva di severità verso sè stessi può risultare un freno.

La scrittura è una sfida anche al proprio pudore.

Anonimo ha detto...

certo che la notte porta davvero consiglio! ;-)

ti dirò che io mi ritrovo più o meno nei primi 3 gruppi narrativi da te evidenziati e nell'ultimo non entro solo perchè non sono abbastanza brioso (e poi non ho le mestruazioni, quindi verrebbero a mancarmi gli argomenti!)

ma a dirla tutta l'unico metro di giudizio che utilizzo per giudicare un testo è l'onestà: se c'è è bene e se no non ti leggo e credo che quella sia una cosa che si sente a pelle... d'accordo, mi piace anche la chiarezza, scritti troppo sperimentali mi danno sui nervi...

ma soprattutto io i blog li scelgo solo se chi ci scrive è carina... altrimenti, se non ci posso flirtare, non vale manco la pena ;-)

la madonna del petrolio ha detto...

per lillo: sei veramente un lumacone! dalle donne devi farti un minimo desiderare!

Anonimo ha detto...

non sono il tipo, troppo pigro... ma grazie per il consiglio :-)

sergio pasquandrea ha detto...

Accidenti, come affondi il coltello.
Brava, comunque. Basta con queste frasette spezzate. E i periodi che cominciano con le congiunzioni. Basta. Non se. Ne può. Più. Proprio.
Scherzi a parte, hai tutte le ragioni. Quando ho iniziato il mio blog, mi sono ripromesso di non parlare di me, a meno che non trovassi un motivo assolutamente indispensabile, che potesse interessare anche gli altri (se poi ci sono riuscito, non lo so).
Parlo di jazz, di poesia, ogni tanto di politica (mi scappa, purtroppo), di letteratura, recensisco ciò che leggo e ascolto: nella speranza che possa servire a qualcuno.

Paolo Franchini ha detto...

Io scrivo per farmi amare dalle donne e poi perché e' meno faticoso di tante altre attività.

Liberty Alex ha detto...

madonna,quello che scrivi è molto interessante,così come è molto curiosa la classificazione che fai dei vari tipi possibili di blog...ma devi tenere presenti una serie di cose:primo,ogni classificazione che l'uomo possa fare su ciò che lo circonda,seppur utile inizialmente,è destinata a lasciare il tempo che trova;in altre parole,se siamo solo dei numeri nella vita,non è certo perchè lo dice chiambretti nel suo insulso show....in secondo luogo,mi sembra che tu stia concentrando la tua attenzione troppo sui dettagli,che alla fine risultano inutili...voglio dire,non credo che la presunta demoralizzazione di un blog di cui parli si possa desumere semplicemente dal fatto che chi scrive lo fa trascurando la punteggiatura...sarà un'idea del periodo futurista,ma usarla oggi non mi sembra affatto anacronistico,nè credo offra pretese di post-modernismo....il punto è che questa è l'epoca in cui ci si guarda indietro per srvirsi di quello che è stato,ma la consapevolezza di farlo in un periodo diverso secondo me c'è....

può darsi che sui blog tutti diciamo in fondo le stesse cose....ma alla fine risulta sempre il solito discorso:dovremmo evitare di fare le cose solo perchè si atteggiano a omologazioni di sorta?...ti dico la verità,io stesso spessso ho pensato di cancellare il mio blog proprio per questo,ma alla fine preferisco non farlo,perchè è cmq qualcosa da aggiungere a una sfilza che ne ha sempre bisogno....

l'arte ha più che mai bisogno di singole individualità:evitiamo di relegarle a semplici schematismi,per piacere....ognuno è diverso dagli altri....

ti saluto....

antonio lillo ha detto...

cavolo mia cara, hai proprio messo tutti in riga e sulla difensiva ;-)

sono ammirato!

Navarre Raee ha detto...

Eccoci qua, dove eravamo rimasti?....
Aspetta che rileggo!....
Di Mauro Corona ho letto alcune interviste e niente più, dev'essere un tipo interessante! Tu hai letto qualche suo romanzo?

ps. oltre che antipatico sto diventando leggermente randagio (insofferente al collegamento quotidiano con internet)

Paolo Franchini ha detto...

Ciao,

questo sabato non riesco, ma la prossima settimana va bene. Periodo intenso per la tesi.
Le chiavi le custodisce Ciccio nel suo antro.

Paolo

Maurizio Spagna ha detto...

IL “CARATTERISTICO”
..l’interesse per la società
è tipico nello scrittore poeta..


La Dea del sacrificio, l’omaccione sacro torna sempre a rivivere dalle proprie spoglie.
Perlustrazioni indipendenti?
Collezioni singole o in coppie?
Trucchi prepotenti per alcuni uomini ingordi?
Ma anche abbondanti intrusioni, in un protesto di vizi doloranti del civile.

Io non scrivo per me stesso, scrivo per il genere umano e mi sfibro dei suoi problemi.
Contesto i compromessi ed il silenzio di un disgusto in via di regresso, cesso e sesso.

Non so se limitare l’eros ad un prodotto o rappresentarlo in un particolare conflitto della mente umana?
Gli sposati poi amanti e confortevoli in diverse comparse?
La donna che per amore dei figli o la bella vita in cui vive, mente a riguardo?
Certo,
queste sono strategie, infelicità, avvelenamenti di una pezza pazzia in tutti noi!

Nel peccato di una vita la coscienza corporale peculiare, egocentrica ed interpretativa è notata come una viscida condanna.
Il mio scopo invece è che i falli fallosi e scortesi attraversino il volto scortato in vergogna,
mentre la vaga vagina scontata, sconti la sua fama nell’atollo degli invisi.

È tempo degli appelli, dell’umiltà e della perseveranza…
È il tempo dell’essere “caratteristico”, non più il protagonista favorito del nostro insediamento sulla terra.


©
Da “Ammissioni”
di Maurizio Spagna
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info@ilrotoversi.com
L’ideatore
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-